Salvaguardia Ue: attenzione all’acciaio inox dall’Indonesia

Che la Cina sia il più notevole tra gli attori economici che minano l’equilibrio del libero mercato, violando i codici internazionali del Fair Trade, è ormai cosa nota anche tra i profani della materia, ma non tutti sono al corrente di come in Oriente siano stati sconvolti importanti rapporti commerciali da quando il gruppo Tsingshan ha aperto un nuovo stabilimento per la produzione di acciaio inox in Indonesia.

Dopo oltre un decennio a preoccuparsi della Cina e di alcuni paesi del Sud Est asiatico, che si erano lentamente imposti sul mercato dell’acciaio con metodi ritenuti disonesti e sleali, le potenze occidentali dovranno ora occuparsi di un nuovo competitor che “vola come una farfalla, ma punge come un ape”. In meno di due anni, infatti, la produzione indonesiana è diventata un problema, non solo per l’Occidente.

Il nuovo stabilimento indonesiano nel distretto di Morowali è considerato l’impianto più a basso costo del mondo e ha esordito a metà del 2017 con una capacità produttiva di 2Mtpa, nel 2018 ha raggiunto le 3Mtpa e punta a raddoppiare i quantitativi di inizio attività avviando una terza linea da 1Mtpa nel 2020.

La merce è stata immessa sul mercato a prezzi talmente competitivi che in Taiwan hanno preferito ridurre la produzione e aumentare l’import dall’Indonesia. Anche i cinesi avevano apprezzato inizialmente, per ritrovarsi, poi, ad avere stocks di acciaio indonesiano in eccesso e una perdita del 30% sull’export in Taiwan e in Corea del Sud. Dopo le minacce che hanno ottenuto solo un momentaneo rallentamento dei flussi, la Cina ha imposto dazi sui prodotti di Tsingshan nel mese di marzo 2019. La Corea del Sud, a sua volta, ha subito una contrazione del 30% sulle vendite del rottame inox in Taiwan e ha preferito l’Indonesia alle importazioni dallo stesso Taiwan, dal Giappone e, come si è già detto, dalla Cina.[1]

L’Europa, fino ad oggi, si era preoccupata di osservare e ridefinire le condizioni di dogana per i prodotti di Cina, India, Corea del Sud, Thailandia, Taiwan, Russia e Turchia, per via del peso che questi paesi avevano sull’import della comunità.

I limiti di importazione e i dazi erano stati calibrati sugli ingressi del biennio 2015-2017 e, dopo un iniziale fallimento, nel 2018 avevano iniziato a funzionare a pieno regime, ottenendo una flessione più che positiva del 70%.

L’Indonesia non era rientrata tra i paesi da monitorare perché, prima dell’apertura del nuovo impianto e dello stravolgimento del mercato seguito ai dazi di Trump del 2018, meno dell’1% dell’import europeo proveniva da questo paese. Numeri per nulla preoccupanti, insomma.

La percentuale è, però, salita di 9 punti nel primo trimestre di quest’anno, attirando l’attenzione di Eurofer che ha segnalato il tutto alla Commissione Europea. Il 12 agosto è, così, diventata ufficiale l’apertura di un nuovo procedimento di indagine sull’import di fogli e rotoli di acciaio inossidabile laminati a caldo e, tra i già noti Cina e Taiwan, compare per la prima volta anche l’Indonesia. (Comunicazione della Gazzetta Ufficiale link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=OJ:C:2019:269I:TOC)

Dopo gli sforzi fatti per ridimensionare il peso dell’acciaio cinese, infatti, il rischio sarebbe di concedere il fianco alla potenza indonesiana. Secondo gli esperti, l’Ue non avrebbe la forza di fronteggiare un boom dell’import dall’Indonesia, soprattutto in virtù del fatto che la nostra produzione interna è in costante calo.

Vietato, quindi, sottovalutare questa rapida ascesa.

Quale è il panorama attuale e quali possono essere gli effetti sui prezzi?

Nonostante le importanti scosse provocate da Trump, Tsingshan e dall’Ue, la produzione mondiale di acciaio è ancora in crescita.


[1] Tutti i dati presentati in questo paragrafo sono stati pubblicati dall’agenzia Wood Mackenzie. https://www.woodmac.com/press-releases/tsingshan-indonesia-shakes-up-stainless-steel-markets-in-south-east-asia/.

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