Si fa presto a dire ripresa: la salute dell’acciaio nel 2021 tra ottimismo e prudente scettiscismo

Lo staff di Inoxblog, pur avendo come obiettivo quello di diffondere la conoscenza e offrire consulenza in merito agli acciai inox rigidizzati, decorati e colorati, è sempre vigile e attento nei confronti di ciò che accade nel mercato dell’acciaio in generale. Ciò è particolarmente vero oggi, considerato il periodo storico che stiamo vivendo, contraddistinto da esigenze ecologiste non più eludibili, che impongono un rinnovamento del mondo siderurgico globale, a cui si sono aggiunte la guerra commerciale, una pandemia mondiale come non se ne vedevano da secoli e, visto che tutto ciò deve essere apparso insufficiente, altrettanto rarissime inondazioni in area belga-tedesca che hanno messo in difficoltà diversi centri servizi e alcuni distributori di coils a caldo e coils a freddo.

Il mese scorso ha avuto luogo uno stimolante convegno online, organizzato dalla piattaforma Siderweb, durante il quale si sono discusse le condizioni attuali del mercato dell’acciaio e si è dibattuto sulle prospettive future. Tre i punti di vista da cui si sono affrontate le varie tematiche: quello tecnico e di più ampio respiro frutto delle ricerche dell’Ufficio Studi di SiderWeb, rappresentato dal Dott. Gianfranco Tosini; quello delle banche, grazie al contributo di BPER Banca e, infine, quello dell’esperienza diretta di due colossi del mercato siderurgico, ovvero Duferco Italia Holding nella persona del Prof. Antonio Gozzi, e ArcelorMittal Distribuzione Italia, rappresentata dall’Ing. Cesare Viganò.

Osservatori speciali nel pubblico: il team di Inoxblog.
Nonostante il nostro titolo possa far sospettare l’esistenza di schieramenti fortemente opposti, dobbiamo riconoscere che il mood generale dell’incontro si è caratterizzato per la condivisione di una visione complessivamente positiva dello stato di salute attuale del mondo siderurgico, nonché del profilo delle aziende italiane che operano in questo settore. Ne è emerso, infatti, un ritratto di imprenditorialità responsabile, eticamente attenta e fiduciosa nel futuro, anche se è proprio su cosa ci aspetta nei mesi e negli anni a venire che si dividono le opinioni.

Tutti sono d’accordo nel considerare il 2021 un anno di cui rallegrarsi, per lo meno fino alla pausa estiva, ma con risultati talmente soddisfacenti da far affermare al Prof. Gozzi che l’anno si chiuderà con dei “buoni bilanci”.

I primi mesi di quest’anno, in effetti, hanno superato le aspettative elaborate sulla base dei dati 2020, consolidando la ripresa iniziata già nel secondo semestre dello scorso anno. Si è assistito ad una crescita di oltre il 13% nel primo quadrimestre rispetto al medesimo periodo del 2020: risultati che superano quelli seguiti alla crisi del 2008-2009 e che fanno pensare che già all’inizio del 2022 il PIL mondiale tornerà ai livelli pre-pandemia.

A cosa si deve questo slancio?
I più poetici potrebbero pensare che il Covid-19 ci abbia reso più resistenti e resilienti alle crisi e ai cambiamenti, forse più maturi come società-mondo, ma il Dott. Tosini ci riporta sul piano della realtà ricordandoci l’impatto di un lockdown che ha fermato il mercato e l’effetto derivante dal riavviarlo. Con il rallentamento dei contagi e la progressiva diffusione dei vaccini le aziende hanno potuto riaprire, riprendere più o meno gradualmente i ritmi produttivi, in molti casi anche accelerarli per recuperare i mesi di stop.
A tutto ciò si sono aggiunte le politiche fiscali e monetarie che avrebbero permesso, secondo l’Ufficio Studi di SiderWeb, di alimentare il capitale circolante e quindi la ripresa degli acquisti.

La conseguenza diretta è stata l’impennata della domanda, a cui non ha fatto seguito, però, l’offerta: sia in virtù dello stop forzato che ha modificato le turnazioni produttive e i processi di refill degli stock, sia per politiche protezionistiche operate dai paesi asiatici, primo tra tutti la Cina, che hanno sottratto risorse al mercato globale riservandolo a quello interno.
Col progressivo erodersi dell’offerta e crescere della domanda sono saliti vorticosamente i prezzi, ma – e qui iniziano le note dolenti del Dott. Tosini – con cali di redditività e flussi di cassa inferiori alle attese.

Forte incremento di volumi e prezzi, inversamente proporzionale all’andamento dei margini: condizioni che minano la ripresa impendendone la consolidazione, che per Tosini non può che passare da importanti investimenti.

Pur concordando sui presupposti, sono di altre vedute il Prof. Gozzi e l’Ing. Viganò per quanto riguarda guadagni e liquidità.
Sembrerebbe che anche un settore come quello della distribuzione di coils cui appartiene Viganò, caratterizzato da bassissima redditività, forte competizione e frammentarietà del mercato, abbia avuto performance migliori rispetto al passato in termini di margini e senza contrazioni del cash flow.

Segnalano, infatti, i portavoce delle imprese, una maggiore disponibilità dei clienti a pagare con rimessa diretta, altro segnale indice di disponibilità e circolazione di capitale.
A conferma di ciò, i rappresentanti di BPER Banca ci fanno sapere che, nonostante gli incentivi del governo, hanno registrato un impiego ridotto delle linee di credito, una maggiore volontà delle aziende di usare mezzi propri per fronteggiare i rincari legati a materie prime e logistica e il mantenimento degli impegni assunti.

Sulle prospettive future le divergenze si fanno maggiori tra le parti coinvolte nel confronto, probabilmente in virtù dei diversi approcci alle analisi di mercato: quella tecnica, che considera tutte le variabili possibili nel modo più oggettivo possibile, e quella imprenditoriale, per natura più ottimista e fiduciosa nel futuro e dotata di un sesto senso per gli affari e le congiunture economiche favorevoli.

Se la prima preoccupazione del Dott. Tosini riguarda il contesto generale, ovvero la possibilità di una nuova ondata di contagi, una bassa percentuale di vaccinati a livello globale e, quindi, la possibilità di nuove chiusure o rallentamenti, il Prof. Gozzi ribatte parlando di un “trend vaccini chiaro che andrà consolidandosi”.

Se la ripresa asimmetrica del mercato a favore della Cina e dei paesi asiatici fa vedere a Tosini un rischio per le aziende e i paesi che sono ripartiti tardi, più lentamente, trovandosi a dover gestire prezzi mai visti, Gozzi rassicura argomentando che la domanda reale è forte e che è questa a sostenere i prezzi. Pur mostrando qualche preoccupazione relativamente alla discrasia tra le tempistiche di fornitura delle acciaierie (a 5 mesi) e di quelle del portafoglio clienti (a 3 mesi), ovvero la difficoltà non solo di fare magazzino, ma di trovare il materiale e di doverlo ordinare alle condizioni di oggi senza la certezza delle vendita e delle condizioni del mercato di domani, Viganò sostiene il collega, nella convinzione che è “impensabile tornare ai prezzi di un anno fa”, aspettandosi una stabilizzazione su livelli alti.

Staremmo vivendo secondo Gozzi un “super ciclo” non destinato ad esaurirsi nel breve termine e che permetterà una crescita in grado di “ridurre significativamente il debito” e avere fondi per gli investimenti. A rafforzare la visione del presidente di Duferco, il fatto che ciò stia accadendo senza l’iniezione dei fondi europei del PNRR, verso il quale le banche hanno grande fiducia, tematica che fa esprimere, invece, a Tosini l’italico sacrosanto dubbio in merito alla reale capacità del nostro paese di utilizzare i capitali dell’Unione facendo le riforme necessarie.

“La siderurgia vive se continua ad investire”, il motto di Gozzi condiviso da tutti coloro che sono intervenuti. Gli investimenti sono riconosciuti come necessari per mantenere il mondo siderurgico occidentale, europeo e italiano competitivo e sarà impossibile evitarli, sia che le prospettive siano rosee come nelle previsioni di Gozzi, che più complicate come nella visione di Tosini, il quale dubita della reale disponibilità di risorse per le aziende senza importanti interventi di natura fiscale, misure di sostenibilità del credito da parte delle banche, una revisione della scena su cui operano “troppi attori troppo piccoli” e un generale intervento di coordinazione internazionale per ricalibrare le dinamiche di commercio e le forze tra le diverse aree del mondo.

Nonostante le giuste e caute osservazioni del Dott. Tosini, è difficile non farsi trascinare dall’entusiasmo e dall’ottimismo delle altre figure intervenute al convegno, eppure, a noi rimane un dubbio che nessuno ha – ovviamente – chiamato in causa: le aziende italiane ed europee hanno davvero voglia, sensibilità, lungimiranza per cambiare? In altre parole, sono pronte? Non tanto economicamente e finanziariamente, come dice Tosini, ma pronte culturalmente?

Perché gli investimenti di cui si è parlato – innovazione di processo e di prodotti, ricerca della qualità e della sostenibilità, digitalizzazione, decarbonizzazione, ecologia e sensibilità ambientale, internazionalizzazione delle imprese e formazione dei dipendenti – sono obiettivi e sfide sul piatto da almeno un decennio. Anni durante i quali, come hanno mostrato i dati dell’Ufficio Studi di Siderweb, le aziende occidentali hanno preferito scavarsi la fossa da sole, in virtù della mentalità deleteria della rincorsa al prezzo più basso man mano che si scende lungo la filiera e a volte nemmeno per aver margini più alti, ma solo per sterile competizione, finendo per offrire il fianco ai gruppi asiatici.

Per Tosini un grosso punto interrogativo è dovuto al fatto che la pandemia e la crisi che ne è seguita hanno accelerato processi già in atto, avviando cambiamenti strutturali e nei consumi che impiegheranno probabilmente anni per assestarsi, con conseguenze non ancora stimabili.

La domanda, però, la giriamo a voi: cosa ne pensate dell’attuale situazione e cosa vedete prospettarsi all’orizzonte, cari lettori di Inoxblog?

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *